09 luglio 2012

Avanti popolo


           Quando i Padri Fondatori della Repubblica italiana elaborarono il modello democratico su cui costruire le basi della nuova nazione, scelsero l’istituto della democrazia rappresentativa, unica fonte di delega di quel potere del popolo sovrano che veniva concesso ai rappresentanti eletti in parlamento, sebbene senza vincolo di mandato.

Quella legittimazione non era di poco conto; la sacralità del potere delegato traeva origini dal sacrificio del popolo che, con il proprio sangue, aveva spazzato via il totalitarismo soffocante, che aveva oscurato i legittimi diritti di ogni cittadino.

Questa premessa si rivela necessaria in quanto, assistendo a ciò sta accadendo in Italia, non è più possibile tollerare colpi di mano e di maglio che un esecutivo privo di qualsivoglia legittimazione popolare sta costantemente imponendo ai cittadini italiani, allo stato sociale, all’economia, all’etica di una nazione già oltraggiata da vent’anni di nulla.

Il governo Monti, il cui Presidente del Consiglio rappresenta quell’involuzione massonico-bocconiana di stampo parabancario, completamente avulso e storicamente decontestualizzato dal momento di spaventosa recessione economica e strutturale che sta investendo l’intero pianeta, annaspa lungo un fantomatico percorso di risanamento economico dispensando di qua e di là provvedimenti slegati da qualsiasi logica di risveglio e di rilancio, atti semplicemente a imporre tagli lineari e non strutturali alla spesa più indifesa, ovvero quella sanitaria, sociale e previdenziale, intaccando i presupposti costituzionali di dignità del lavoro e dei lavoratori di ogni categoria.

La spending review, ultimo ritrovato lessicale d’effetto, non è altro che l’emblema di tutti gli imbrogli e di tutte le mistificazioni che il governo ha posto in essere per potersi autodefinire virtuoso, rigoroso e severo, finendo col distruggere decenni di conquiste sociali, scientifiche, tecnologiche ed amministrative. Paradossalmente verrebbe da rimpiangere Brunetta!

Ognuno di noi, colto o non, sarebbe stato in grado di aumentare l’IVA e le accise sui carburanti, di reintrodurre la tassa sulla casa, di tagliare posti letto negli ospedali ed ogni provvedimento di tal guisa adottato in questi mesi; non era necessario affidarsi a un manipolo di sedicenti professori universitari e burocrati di livello esagerato per ottenere il parto del topolino dalla montagna dei cervelli eccelsi.

Il vero coraggio albergava nel porre in essere pochi ed efficaci interventi che dovevano essere volti a spazzare via definitivamente  incomprensibili ed intollerabili privilegi di casta, triple pensioni d’oro, vergognosi rimborsi elettorali ai partiti, guarentigie ottocentesche ai parlamentari (mi viene un moto di ribrezzo e ribellione pensare al costo dei lauti pranzi consumati presso le mense del Senato e della Camera nel momento in cui vengono imposti limiti di valore ai buoni pasto dei lavoratori), compensi stratosferici a membri di consigli di amministrazione di ogni genere e grado, regalie immobiliari agli amici ed agli amici degli amici, favoritismi di ogni genere agli istituti di credito (il vero strozzinaggio di Stato) ed alle agenzie di rating.

Ma una patrimoniale sui grossi capitali non poteva essere una fonte di perequazione dei sacrifici che così potevano essere spalmati e sopportati da tutti con minor incidenza su un sempre più crescente conflitto sociale? Oppure innalzare al 20% la soglia dell’attuale vergognosa tassazione sui capitali scudati portati all’estero dai faccendieri e dai truffatori di stato?

Nulla di tutto questo, nessun provvedimento di rilancio, solo proclami spazzati ogni volta dall’affossarsi della Borsa e dall’innalzarsi dello “spread” (colpa di Berlusconi nell’era pre-montiana, colpa del presidente di Confindustria Squinzi nell’era montiana: il professore è sempre extravergine, come l’olio d’oliva!), solo vertici con capi di Stato che ci tengono in pugno e che giocano con noi come al gatto col topo, senza che nessuno se ne renda conto.

Mario Monti ha fallito su tutti i fronti, conti alla mano e recessione galoppante in bella evidenza, come ha fallito la democrazia nella nostra povera Italia, prostituita in prima battuta alla logica oligarchica delle segreterie di inadeguati partiti ed ora alla logica di una baronia universitaria di privilegiati che giocano a fare i governanti, loro si ricchi e paffuti, come i bambini che progettano investimenti su viale dei Giardini e parco della Vittoria nel gioco del Monopoli.

Serve uno scatto di orgoglio del “demos”, di quel popolo detentore del vero potere di indirizzo politico ed economico che uno stato deve percorrere. I dottori banchieri, senza una vera investitura democratica, senza il confronto su propri programmi e progetti, non sono in grado di interpretare i reali bisogni giornalieri di un popolo che si sta affamando giorno per giorno, anche perché loro di bisogni primari non ne hanno, né loro tantomeno i loro figli.

Sicuramente la colpa di tutto quanto sta accadendo ricadrà anche sulla testa dei tre fidi scudieri di questo governo, Alfano, Bersani e Casini, che si assumeranno le loro responsabilità di fronte all’elettorato poiché, vivaddio, la democrazia partecipativa non è stata ancora cancellata e prima o poi si dovrà tornare alle urne.

Dei tre spicca più fulgida ed incomprensibile la sciagurata linea politica del grigio segretario del PD in quanto, su temi che storicamente appartengono al bagaglio culturale e politico della sinistra italiana, Bersani gioca a fare il compare affidabile di questo governo senza porre ostacoli e freni alla macelleria sociale che l’esecutivo Monti pone in essere giorno per giorno. L’Italia, nei suoi confronti, sta ponendo in essere la chiamata di correità da cui il segretario del PD non potrà chiamarsi fuori.

Bene fanno Renzi e Civati a chiedere le primarie per spazzare via il brontosauro che alberga nel cuore della compagine guida del centro-sinistra italiano, bene faranno gli italiani a punire chiunque perseveri nel detenere posizioni ormai antistoriche e politicamente inadeguate.

Il berlusconismo sta esalando gli ultimi aneliti di vita con Alfano a far da becchino, il centro-sinistra si aggrappa alla buona volontà di tanti piccoli eroi che cercano una nuova strada, la destra sociale non esiste più, la sinistra critica ed antagonistica litiga con la sinistra vendoliana, Grillo sta sfumando la portata innovatrice sulla tavola imbandita del comune di Parma, dimostrando il peggio del peggio, Monti imperversa a piacimento, il bipolarismo è finalmente morto e sepolto.

Il quadro é devastante e mai come adesso è necessario un appello ai liberi e forti di sturziana memoria, a quegli uomini di buona volontà, capaci e preparati davvero, pronti al sacrificio istituzionale, per decenni tenuti ai margini della vita dello Stato poiché non funzionali a disegni politici di casta criminali e criminogeni, i quali possono rappresentare la vera speranza per questa Nazione.

Torniamo a sentire il popolo, torniamo tra la gente per ascoltarla e farci dare un mandato forte, spazziamo via tutto quanto in questo momento ci sta conducendo nel baratro.

Chiudiamo le sacrestie sacrileghe dove si consumano ancora vecchi riti con vecchi e finti nuovi teatranti.

Riprendiamoci l’Italia e facciamolo soprattutto per i nostri figli ai quali dovremo un giorno rendere conto.

E riprendiamoci il Molise.

23 giugno 2009

Ha finalmente perso

Ha perso perché ha tradito, ha perso per il salto della quaglia, ha perso perché tutti i voti erano di Ruta, ha perso perché è un fesso. Ha perso!
Anni di vita politica racchiusi in questo rincorrersi di sapienti giudizi, quasi degli aforismi di ellenica memoria.
Il de profundis politico del sottoscritto, in arte Ulisse Fabbricatore da Credulonia, viene scritto non a quattro mani ma a cento lingue, apprezzabilmente biforcute.
Ebbene si, ho finalmente perso, per il dispiacere di pochi e per la gioia di tanti che aspettavano con trepidazione che questo momento arrivasse ad allietare i propri orizzonti.
Con cinquantatre voti (preferisco scriverli a lettera così sembrano di più) dovrei solo tacere, questo tipo di sconfitte necessariamente dovrebbero imporre un rispettoso silenzio, ma io sempre salmone resto: vado sempre all’incontrario e parlo. Purtroppo.
Di Fabio in archivio, almeno lui non ha perso, Gino è il nuovo imperatore della città, con merito e con astuzia. Astuzia tutta democristiana, la qual cosa è un merito di cui vantarsi.
C’è chi ha lavorato strenuamente nell’ombra, sacrificando riposo e salute, arando e seminando nel campo della competizione elettorale, sapientemente fecondo. E c’è chi sta raccogliendo a piene mani frutti succosi da un albero non accessibile a tutti.
Scoppierà la bomba alimentare? Chi può dirlo.
Il credulone resta miseramente a guardare ma parla. Eccome!
Le somme le sto iniziando a tirare, l’analisi di ciò che è stato e che doveva essere è in atto e richiede approfondimenti continui; il peso della credibilità di tanti personaggi, che sono ancora e purtroppo primedonne dell’ambiente politico amministrativo, viene calibrato istante dopo istante.
Un dato emerge sconfortante: esporsi in prima persona, assumersi le responsabilità di ogni azione, fare battaglie in prima linea, sono atteggiamenti che in politica pagano pochissimo.
Un elemento realmente grottesco si evidenzia dal raffronto di ciò che si è fatto nella consigliatura precedente ed il risultato elettorale: chi meno ha fatto, chi meno ha partecipato, chi meno si è esposto, più consenso ha ottenuto. Ha vinto la premialità all’incontrario, il consenso parametrato alla temperatura di riscaldamento del banco di appartenenza.
Ci sono stati dei banchi freddi, ghiacciati dal continuo lavoro in aula e tra la gente, banchi che gridano a voce alta vendetta, vero Francesco Pilone?
Ma si amministra con il consenso, quello della gente, quello donatoci dai martiri che hanno dato vita alla nostra democrazia repubblicana.
Per questo motivo, in base a queste regole democratiche, con deferenza accetto il verdetto, ma sul mio comodino continua, immobile, a campeggiare fiera una copia de “Il Principe” di Nicolò Machiavelli, quell’uomo antico ma così tanto moderno che centinaia di anni fa teorizzò forse l’illuminazione più sfavillante della storia politica peninsulare: ognuno ha i governanti che merita.
Il salmone saluta ma non abbandona e se un giorno, dopo tante battaglie, gli resterà solo la lisca siate certi che la userà per graffiare ancora di più.
Con devoto rispetto.

Ninì Fabbricatore

02 maggio 2009

Un caffè con..Ulisse "Ninì" Fabbricatore, candidato a Campobasso per l'MPA

di Caterina Sottile

Eletto nelle scorse elezioni comunali nel centro sinistra, con la Margherita, nel 2007 è entrato nel gruppo progetto per Campobasso. Il 28 Aprile 2008 ha ufficializzato l'adesione al Movimento per le Autonomie, con cui oggi è candidato. Un apparente trasformismo che invece la riporta all'ovile del centro moderato, cristiano, democratico. Ma la di là della condivisione ideale, si è discusso di programmi fra MPA e centro destra?

"La condivisione ideale è l'archetipo di ogni percorso politico e nella mia esperienza non è mai mancata la riflessione sul presupposto piuttosto che sull'azione da intraprendere. Detto questo, sgombrando la scena da dubbi e strumentalizzazioni che si sono susseguite in questi due anni e mezzo, il mio essere democratico cristiano fino al midollo mi ha sempre spinto alla ricerca del confronto mirato alla discussione su ciò che fosse utile porre in essere per dare una risposta ed una speranza in più a chi era destinatario delle decisioni della parte politica nella quale ero impegnato. Nell'MPA si è discusso e si discute sul programma da sottoporre al vaglio dell'elettorato, ponendo l'attenzione non sulla spettacolarità dello stesso ma sulla possibilità di realizzare pochi punti, nodali e strategici, che diano slancio verso il futuro e che puntellino situazioni che chiamare precarie sarebbe un eufemismo. Per essere più chiari: non interessa la città dei sapori, dei colori, del benessere e follie lessicali di tal guisa; a noi interessa la soluzione dei problemi dei servizi a domanda individuale, della sicurezza nelle scuole ed in tutte le infrastrutture di competenza comunale, del trasporto pubblico urbano che risponda alle esigenze di tutte le fasce della popolazione, della manutenzione ordinaria delle strade del centro e della periferia. Con la coalizione stiamo portando avanti questo tipo di discussione e in Luigi Di Bartolomeo abbiamo trovato un interlocutore attento a queste istanze.

L'Amministrazione Di Fabio è stata piuttosto travagliata. Era più debole il progetto politico in sé o Campobasso ha problemi oggettivi con cui sarà comunque difficile per chiunque misurarsi? Come consigliere di maggioranza, le è stato più difficile affrontare i temi o le persone?

"La città ha problemi endemici che si porta dietro da decenni. Il punto focale per far si che questi possano trovare una soluzione nel medio periodo è quello di prendere atto che essi esistono, senza imbiancare il sepolcro ormai in fase di sgretolamento. A nulla serve dire che tutto va bene e che basta un tocco di bacchetta magica per trovare una soluzione. L'errore fatto da Di Fabio è stato quello di non aver denunciato l'esistenza di una situazione finanziaria disastrosa, eredità lasciata da nove anni di governo Massa, che ha compromesso l'azione di governo nel suo complesso. Ciò non è stato denunciato, si sono creati malumori ed incomprensioni, si è materializzato un reale scollamento tra esecutivo e consiglio. Da parte mia è stato difficile affrontare chi era preposto a governare anche perché, a differenza di quanto detto negli ultimi giorni, i temi non sono stati affatto affrontati ovvero la giunta ha agito, nella quasi totalità delle deliberazioni, tenendo deliberatamente all'oscuro l'intero consiglio. Tempo fa ho detto sarcasticamente che nell'assise civica vi erano quaranta consiglieri di minoranza".

Per governare bene una Città capoluogo come Campobasso, risolvendo almeno alcuni dei suoi grandi problemi, basta la conoscenza diretta del territorio o serve una strategia politica ampia? E' davvero ancora tempo di intese trasversali per risolvere i problemi concreti o sono gli eccessi di trasversalismo che causano i guai peggiori?

"Ad un appartenente ad un movimento come l'MPA è facile rispondere che vi è la imprescindibile necessità di conoscere direttamente il territorio, le sue reali esigenze, le situazioni di criticità assoluta. Non siamo in parlamento a dettare le linee politiche nazionali, ma siamo rappresentanti di un popolo che vuole risolti i propri problemi. Per questo motivo personalmente rifuggo dai proclami roboanti e dalle promesse cariche di utopie ma luccicanti per ammaliare le menti di chi è in stato di difficoltà. In questi casi il trasversalismo, se utilizzato funzionalmente alla soluzione di un problema, se utilizzato come sintesi imprescindibile di istanze tanto diverse ma egualmente utili, è un valore positivo aggiunto, è quel qualcosa in più che un governo di un'autonomia locale può permettersi di utilizzare per finalità quotidiane. Se poi viene utilizzato per dare sfogo a logiche spartitorie e lottizzatrici non solo è deleterio, ma rappresenta una vera e propria forma di delinquenza politica".

Qualcuno dal centro sinistra ha definito la candidatura di Gino Di Bartolomeo, capofila del PDL, come "operazione malinconia". Lei è giovane, è nato nel '66 ma proviene da una formazione culturale "antica", moderata. Ama citare De Gasperi ma anche il giudice Giovanni Falcone con quella sua affermazione rimasta scolpita ormai: "Le idee camminano sulle gambe degli uomini." Falcone affermava quel concetto per altre ragioni ma è impropriamente divenuto una sorta di slogan del disimpegno ideologico, a favore della "politica del fare" contro il fardello dei partiti. Non le sembra che De Gasperi, Moro siano proprio l'antitesi di questo nuovismo degenerato in populismo prima ancora di nascere?

"Sono giovane ed idealista, rispettoso delle tradizioni e delle radici in cui affonda la mia esperienza di vita e quella politica. De Gasperi, Sturzo, Dossetti, Moro, Falcone, sono i padri della patria che il mondo ci invidia e nel solco del loro insegnamento sono cresciute tante generazioni di uomini di governo. La capacità di mettere in pratica ciò che hanno insegnato risiede nella disponibilità di ognuno di noi all'umiltà ed al sacrificio.Chi utilizza ciò come slogan non fa politica, non risponde ad un dovere civico, non testimonia un modo di vivere e pensare che non ha età perché universale. Fa solo i propri affari, utilizza la politica per far soldi e successo, crea la politica del fare solo per se. De Gasperi e Moro sono l'antitesi di questa degenerazione, sono il faro di una politica esercitata con spirito di servizio, rappresentano il paradigma del vero dibattito politico che nasceva all'interno di ogni sezione territoriale fino a concretizzarsi in un'unica e sola proposta programmatica che era il faro che ogni uomo impegnato nelle istituzioni seguiva convintamente. I partiti non esistono più, queste idee universali trovano adesso legittimazione nel senso di responsabilità dei singoli, eternizzate da tante esperienze diverse. Per questo motivo si sente la necessità di selezionare di nuovo una classe dirigente appassionata, preparata alla sfida della modernizzazione nel solco della tradizione storico politica europea. Questo sarà l'unico argine alla deriva populista e demagogica che imperversa nel panorama politico istituzionale. Sono grato a chi mi ha condotto lungo il percorso della gavetta politica, nel cammino dell'esperienza fatta all'interno della Democrazia Cristiana e del popolarismo. La vera politica del fare è quella che ottiene risultati dopo un duro lavoro e dopo riscontri oggettivi relativi all'effettivo miglioramento della qualità della vita e dei servizi offerti. Altrimenti esiste l'effimera politica del dire, che tanto male ha fatto alla città di Campobasso".

Campobasso ha bisogno di qualcuno che sia capace di decidere e di agire per piccoli passi, ma tutti in avanti. L'ultimo scandalo che ha travolto l'Amministrazione è stato quello dei canili. Se un consiglio comunale si congestiona sui cani, come riuscirà a risolvere i problemi degli umani? Lei su quel tema che idea ha?

"La verità purtroppo ha mille facce ed ognuno crede di esserne il depositario. Personalmente ritengo che il problema del randagismo sia figlio di una sottocultura che troppo spesso serpeggia nei piccoli centri. Chi programma lo fa ritenendo che sia un problema di basso cabotaggio, tale da non dover ricevere una attenzione troppo importante; chi cerca di risolverlo utilizza sistemi che nulla hanno a che fare con regole di civiltà e di buon comportamento; chi lo subisce grida allo scandalo in maniera troppo roboante rispetto a problematiche che avrebbero necessità di maggiore attenzione.Mi spiego meglio: il comune ha costruito un canile che è una vera e propria vergogna, strutturale e ricettiva, adatta non ad una città di 55.000 abitanti ma ad un piccolo paese; chi cerca di risolverlo, e mi riferisco anche e non solo alle associazioni di volontariato, dovrebbe emarginare senza indugio chi, e ce ne sono tanti, cerca di strumentalizzare questa problematica solo per un proprio tornaconto personale, alzando disgustosamente il vessillo dell'animalismo solo per gestire fondi pubblici attraverso malcelate connivenze; i cittadini, di fronte ad un problema che è reale e quotidiano, aizzati da chi fa scandalismo e allarmismo, eccede in manifestazioni di protesta sproporzionate e non utili alla soluzione del problema. Tutti contro tutti, ognuno a difendere i propri interessi. Risultato? I cani restano comunque in balia di un sistema che si avvita funestamente su se stesso. Quando vedrò che al tavolo della soluzione si siederanno persone che non hanno interessi ma che realmente hanno a cuore la soluzione di questo problema allora potrà accendersi in me una piccola speranza. Sono cresciuto insieme ad un meraviglioso setter inglese, per questo motivo parlo senza peli sulla lingua e non temo smentite. Comunque sono d'accordo con l'enunciato che chi non sa risolvere i problemi degli animali non è capace di risolvere quelli degli umani; per questo le regole della democrazia danno la possibilità di cambiare chi governa".

Se fosse Augusto Massa il candidato del centro sinistra e se riuscisse davvero a riunire attorno a sé tutte le forze della sua coalizione, compresa l'Italia dei Valori, sarebbe più preoccupato o più entusiasta di affrontare la campagna elettorale?

"Fondamentalmente mi preoccupa il disinteresse che la gente sta mostrando nei confronti della politica. La candidatura di Augusto Massa mi entusiasma nella misura in cui mi dà la possibilità di spiegare alla gente, in maniera oggettiva e senza alcuna strumentalizzazione, cosa ha rappresentato per Campobasso la sua sindacatura nei nove anni che vanno dal 1995 al 2004. Ma non ne farò il perno della mia campagna elettorale; piuttosto cercherò di capire cosa la gente ci chiede, promettendo di non promettere nulla.

Un punto del programma che vorrà realizzare, anzi, che si assume la responsabilità, di fronte ai cittadini, di realizzare davvero.

Come ho affermato prima, non prometterò nulla. I problemi sono davanti agli occhi di tutti, i problemi sono la quotidianità che questa città non riesce ad affrontare. L'unica responsabilità che mi sento di assumere è quella di non prendere in giro la gente, di non illuderla e di non deluderla, assicurando lavoro intenso e piena disponibilità ad ascoltare tutti, soprattutto chi ha il coraggio di criticare senza riserve mentali. Ci aspetta un duro lavoro di ricostruzione. Più lo si fa in silenzio e più lo si realizza in modo migliore. Buona campagna elettorale a tutti".

19 aprile 2009

Intervista a "Il Volantino"

Ulisse Fabbricatore, un moderato, vicino ai problemi della gente. Sulla stampa quando serve e tra la gente per passione. Uomo di sicura fede, un sognatore e perché no, un uomo che non ha da chiedere alla politica. Semmai il contrario.


Le piace questa descrizione?

Assolutamente si, culturalmente e politicamente moderato, abituato a non chiudersi nel “palazzo” ma a vivere la politica nel bel mezzo della quotidianità, dando libero sfogo alle proprie convinzioni, soddisfacendo il piacere di scrivere ogni tanto, sempre attivo nel rapporto dialettico con qualsiasi interlocutore. Un pizzico di idealismo, la strada segnata dall’esperienza culturale cattolica nel solco degli insegnamenti della dottrina sociale della chiesa, appassionato di politica tanto da esserne travolto in senso positivo.


Se avessi fatto l'assessore tu, avresti... quanti le hanno rivolto questa frase?

Tante volte, ma le assicuro che rispondere a questa domanda non genera soluzioni ai problemi reali. Ognuno in politica ha un ruolo, preciso e distinto, e deve cercare di svolgerlo sempre con onestà e correttezza, assicurando il proprio impegno per la collettività. Il ruolo di consigliere è stimolante e ti permette di essere da pungolo nei confronti dell’esecutivo. Fare l’assessore implica situazioni e responsabilità molto diverse ed ognuno le interpreta a suo modo. Ogni uomo impegnato in politica ha i propri progetti e le proprie idee. La bravura sta nell’avere la capacità e la determinazione per realizzarle. E poi con i se e con i ma non si fa la storia.


Consigliere Fabbricatore, uno scorcio di consigliatura con il normale bilancio dell'attività svolta e quella non completata. Ma quest'anno si respira un'aria diversa. Troppo tesa. Le pare?

Quando si stilano i consuntivi di fine mandato è difficile essere obiettivi, sia da parte di chi ha governato, sia da parte di chi si è contrapposto nel ruolo di opposizione, del resto è il gioco delle parti. Tante cose erano state promesse e non sono state fatte, ma la dialettica politica sta scantonando il più delle volte in rissa da osteria. Le istituzioni sono sacre e vanno rispettate mantenendo un comportamento decoroso e degno. L’aria è alquanto avvelenata e la gente comprende sempre meno quali sono i veri motivi del contendere. Auspico una campagna elettorale volta, da un lato, soprattutto a coinvolgere gli “amministrati” nella ricerca delle problematiche a più alto tasso di criticità e, dall’altro, a far si che chi si propone dia effettivamente risposte semplici e concrete. Alle favole non crede più nessuno.


Si susseguono tante voci ed alcune sono ufficiali circa i numerosi cambi di casacca anche da una coalizione all'altra. Ma c'è politica alle comunali o solo personalismo secondo lei?

Personalmente ogni scelta che ho fatto si è ispirata ad una attenta riflessione politica e questo lo affermo senza timore di essere smentito. Purtroppo con la scomparsa del sistema partitico, che aveva regole ben precise ed un insita etica di comportamento, è venuto meno quel senso di appartenenza e quel rispetto della linea politica dettata dal proprio partito, a tutto vantaggio di mire personalistiche che sono il vero dramma di questa fallimentare seconda Repubblica. Alle comunali certamente si parla di politica, il problema nasce dal fatto che le idee camminano sulle gambe degli uomini e nessuno può assicurare che quelle gambe siano quelle giuste.


Lei ha avuto sempre un tono moderato e cauto nella sua attività politica ma cosa si sente di dire ai cittadini di Campobasso circa l'espletamento del suo mandato?

Certamente avrei potuto fare di più, nel senso che la critica sarebbe potuta essere più incisiva e l’azione di controllo più accurata. Molte magagne sono state smascherate come lo sperpero di danaro pubblico per la predisposizione di tanti progetti rimasti sepolti nei meandri della burocrazia e dell’approssimazione. L’impegno è stato intenso, ma si è continuamente scontrato con un esecutivo che ha lavorato come un consiglio di amministrazione, in totale disprezzo delle prerogative del consiglio e dei singoli consiglieri.


Cosa l’ha spinta a ricandidarsi e cosa le piacerebbe fare per altri 5 anni?

La passione politica e l’amore per la mia città sono gli unici motivi per cui ho deciso di sottopormi di nuovo al giudizio dei miei concittadini, ai quali chiedo il consenso ma dai quali pretendo anche la critica più feroce, purché sia propositiva. Mi piacerebbe dare risposte concrete piuttosto che fare promesse fantasiose: in sostanza vorrei che la gente non si sentisse abbandonata a se stessa e presa in giro, come purtroppo è accaduto negli ultimi anni.


Cosa non è riuscito a fare per cui ha dei rimorsi o comunque per cui ha lavorato assiduamente senza arrivare alla concretezza?

Una cosa per tutte, forse futile ma emblematica: l’istituzione dei parcheggi rosa. Una battaglia di civiltà nei confronti di chi, in una situazione di piacevole disagio come una gravidanza, avrebbe avuto la possibilità di una agevolazione negli spostamenti in città tra i vari uffici istituzionali e sanitari. Si è dapprima alzato un polverone politico, poi si è lavorato su una mediazione istituzionale per passare poi alla fase di finto inserimento nel Piano Urbano del Traffico, mai approvato. Tutto questo è disarmante.


Se le dicessi che dalla fine della Dc e del pentapartito sono saltati gran parte dei valori politici mi darebbe torto?

Come ho precedentemente detto è saltato l’intero sistema partitico, è venuta meno la contrapposizione dialettica tra le varie istanze politiche, dal dibattito politico si è passati all’aggressione verbale ed alla delegittimazione dell’avversario. I valori politici non sono svaniti nel nulla, nessuno ha ritenuto opportuno porli al centro della discussione e del confronto. La DC, il PCI, le forze laiche e socialiste, la stessa destra missina erano fucine di evoluzione ed elaborazione politica, portata anche ai massimi sistemi, che però si concretizzava con un agire coerente con i propri principi e rivolta alla effettiva soluzione delle problematiche di una nazione che in sessant’anni, dalla fine della guerra, aveva avuto una trasformazione epocale. Ebbene, quel circolo virtuoso nascente dal confronto serrato di forze politiche legittimate dalle idee e dalla storia è stato oscurato, a vantaggio di un leaderismo innaturale per una cultura politica quale quella italiana che ha prodotto tanti duelli, molto fumo e poca attenzione alle reali necessità di un popolo.


Prevede un cambiamento in che percentuale del Consiglio comunale e un aumento dei votanti?

Purtroppo non è una questione di numeri ma di qualità. Spero che il prossimo consiglio sia composto da persone motivate e preparate, reali rappresentanti delle istanze della gente, a cui dare conto e rispetto. Temo un vertiginoso aumento del fenomeno astensionistico. Non abbiamo offerto un degno spettacolo istituzionale in questa consigliatura.


Com'è cambiata e se è cambiata la sua personalità ed il suo modo di vivere, dalla sua elezione al Comune?

Il mio modo di vivere non è assolutamente mutato, nessun delirio di onnipotenza mi ha pervaso. Ho fatto un’esperienza molto positiva che ha accresciuto le mie conoscenze gestionali ed amministrative e mi ha portato a conoscere tanta gente seria e competente, in primis il Segretario Generale del Comune, Nino Triscari, al quale va il mio ringraziamento più sincero. Ho acquisito, questo si, un po’ di sicurezza in più, sia nell’affrontare i dibattiti più accesi, sia nel confrontarmi con la gente e con i loro problemi. Spero tanto di avere l’opportunità di crescere ancora.


Suo padre sarebbe fiero del suo lavoro da consigliere?

Dentro di se penso proprio di si, perché ci accomuna la passione e l’impegno politico senza sosta, il buttare il cuore oltre l’ostacolo, gli ideali che sono la luce del nostro cammino. Ma credo che non me l’avrebbe mai detto. Lo avrei capito solo incrociando il suo sguardo. Nella sua memoria e nel ricordo di quello che è stato e di tutto ciò che indelebilmente ha fatto continuerò a fare politica così come mi ha insegnato e così come continuerebbe a farla lui. Avrei voluto averlo accanto a me in questa esperienza, mi devo accontentare ad averlo dentro di me.

Intervista a "Il Quotidiano del Molise"

Nei giorni in cui viene ufficializzata la candidatura a sindaco di Campobasso di Gino Di Bartolomeo, sintesi autorevole delle varie anime della coalizione di centro-destra, andiamo a conoscere il punto di vista del consigliere comunale dell’MPA Ulisse Fabbricatore, ancora convalescente ed assente da qualche mese dall’agone istituzionale, ma sempre attento osservatore delle dinamiche politiche.



Consigliere Fabbricatore, come giudica la scelta della candidatura di Gino Di Bartolomeo?

E’ indubbio che il bagaglio di esperienza che Di Bartolomeo reca con se ed che offre al vaglio dell’elettorato sia notevole e di qualità, come indubbia è la sua onestà e franchezza; questi sono pregi che conferiscono al progetto politico un aura di tranquillità e di stimolo a che i propositi si possano trasformare in concreto sviluppo e progresso per la comunità cittadina.
Altrettanto indubbio che ad affiancare questa carismatica figura debbano esserci persone preparate, motivate, portatrici di nuove idee e di nuovi modi di interpretare l’oneroso ruolo di amministratore comunale.


Non teme che questa che sta venendo alla luce può trasformarsi nella stagione dei “ritorni” di personaggi noti che avevano già lasciato la politica?

Bisogna evitare in ogni maniera che questa splendida occasione che il centro-destra ha a disposizione si possa trasformare in un’opportunità di riciclo per improbabili cavalli di ritorno, stantii e poco credibili, che la storia politica di questa città ha già archiviato da tempo.
Sarebbe un danno irreparabile togliere l’amministrazione della città dalle mani del governo di centro-sinistra ed affidarla ad un consesso di reduci e di vecchie glorie della politica, pronti a svernare di nuovo in pascoli già frequentati nei tempi che furono.


In che maniera si può scongiurare questo pericolo?

Ne sia garante di questo il senatore Di Bartolomeo, lo dica apertamente e senza indugio, faccia passare nel convincimento della gente che la sua esperienza potrà essere utile se supportata dalla freschezza e dalla professionalità di chi vede nel proprio impegno politico l’opportunità di rilanciare il tessuto socio-economico di questa città.
Su queste basi e con queste prospettive si potrà vincere la competizione elettorale, questa è la vera scommessa: esperienza, competenza e innovazione sono le armi vincenti per realizzare una rivoluzione copernicana.
Un sindaco esperto ed una giunta fatta da giovani competenti ed appassionati faranno fare il salto di qualità alla nostra città.


L’azione politica del suo partito, l’MPA, spingerà verso il rinnovamento?

Sono certo che su questi binari potrà proseguire l’azione dell’MPA, forza giovane ed in espansione, dimostrandosi sorda alle sirene dei gattopardi di turno che, millantando consensi e balocchi, cercano di trovare gli ultimi varchi per un tentativo di rientro che piuttosto sarebbe di nocumento al movimento ed alla coalizione.
Ma oltre al necessario rinnovamento la nostra scommessa la giocheremo sul programma, snello e credibile, votato alla trasparenza degli interventi, alla funzionalità della gestione amministrativa, alla serietà ed all’onestà di chi verrà preposto a gestire la cosa pubblica.
Un programma non roboante ma attuabile, nato non da interessi di bottega ma dalle reali esigenze che la città di Campobasso manifesta da anni.
È necessario lavorare affinché questa città abbia quanto prima il tanto agognato Piano Regolatore, il rilancio fattivo del commercio, con un occhio alle attività di nicchia, la rivitalizzazione del centro cittadino, il ripristino di standard minimi di qualità dei servizi nelle contrade da tempo abbandonate a se stesse.

Il suo impegno rispetto a quanto affermato?

Sarà pieno, completo, senza sosta, perché c’è da lavorare tanto, nella speranza che il prossimo consiglio comunale non sia esautorato delle proprie prerogative, così come lo è stato questo, da una giunta che ha lavorato come se fosse l’unico organo amministrativo in carica.
Ma dobbiamo prima vincerle queste elezioni; questo è il primo e fondamentale tassello di tutto il mosaico.